domenica 11 dicembre 2016

...oh mamma voglio far la colonnina!



Tu non sei normale! Mia madre me lo ripete sempre, ogni volta che mi vede indossare la divisa per andare in servizio. Forse tutti i torti non li ha, ma a me piace, piace da impazzire!
Se la Scuola di Specializzazione in Medicina d'Urgenza, non fosse così tanto bistrattata e ostacolata in Italia, non avrei dubbi nel rispondere, a chi mi chiede che strada voglia intraprendere dopo la laurea.

Arriva quindi un momento in cui, quei due o tre interventi a turno nell'hinterland, cominciano a starti un pochino stretti ed inizi a pensare come sarebbe "lavorare" stabilmente su Milano.

Per chi non fosse avvezzo alla cosa, nella città di Milano, dalla mattina fino alle 24:00, le ambulanze non partono dalle sedi di appartenenza delle associazioni, ma sono dislocate in punti strategici della città, le colonnine appunto, che variano a seconda delle necessità e della disponibilità di mezzi e che vengono assegnate, di volta in volta, dalla centrale.

Eccomi qui quindi in un comitato a pochi chilometri dal mio,  una domenica sera di Febbraio, a selezionare sul tablet per la mia prima volta, la tanto agognata opzione:   <<RICHIESTA  DI STAZIONAMENTO>>. 

Già mi immaginavo  ad attendere il servizio sul sagrato del Duomo o lungo i Navigli:  magari gustandomi un bel panzerotto di Luini, mentre ammiravo le turiste di passaggio.

Invece mi ritrovo sbattuto in colonnina  in una piazza della periferia più profonda, della quale fino ad oggi ignoravo completamente anche l'esistenza,  ordinando un kebab da Ahmed "sensa piacante" ed ammirando tamarri col cinquantino che fanno il giro della piazza,

Che posto di merda! Non mi vengono in mente altre parole al momento per descriverlo, speriamo ci passino un servizio così ci leviamo di torno alla svelta. 

In pochi minuti le mie richieste vengono esaudite e veniamo attivati per quello che sarà un classico della serata :  <<CODICE GIALLO - NON NOTO>> accompagnato da un nominativo straniero e nessun altra informazione, neanche sull'applicazione dello smart-phone, con cui si accede alla prima intervista sanitaria.
Il luogo dell'evento è un complesso di caseggiati popolari con unico ingresso: cancello tanto inesistente quanto le luci che illuminano il cortile e citofoni letteralmente divelti.
Per uno come me, che viene dalla provincia,  abituato a fare servizio in un contesto dove molti dei servizi si svolgono in palazzine di massimo quattro piani circondate da giardino condominiale, villette bifamiliari o qualche vecchia casa di ringhiera, il primo impatto non è dei migliori, anzi quasi sconfortante. 
Il resto dell'equipaggio però non sembra neanche farci caso e si dirige senza troppi indugi verso un ragazzo, che con aria piuttosto trafelata si dirige verso di noi.
E' sua moglie che sta male. In cinta, non parla ovviamente una parola di italiano e nonostante i goffi  tentativi di traduzione del marito, non riesco comunque a capire con precisione che cos'ha.
Se ho capito bene non si tratta di un problema relativo alla gravidanza, non dovrebbe essere a termine e non sembrerebbero essersi manifestate contrazioni. Già tiro un sospiro di sollievo, uno degli scenari che più mi terrorizza: il parto, per giunta senza la presenza dell'equipe sanitaria, potrebbe dirsi escluso.
Senza troppi indugi o sofismi, carichiamo quindi la signora in ambulanza insieme al marito, senza che neanche si paventi  il problema di dove lasciare gli altri due figli della coppia: già prontamente accolti dai vicini di casa.

Il resto della serata prosegue frenetico ed instancabile, sembra che la centrale non voglia darci tregua: la porzione di patatine avanzata dal primo tentativo di cenare, è ormai diventata fredda e gommosa e non oso pensare quale nuova specie di batteri abbia colonizzato il mezzo panino col kebab che mi dimentico sempre di buttare.
Arrivo a pensare che forse forse la relativa calma, il caldo ed il divano della mia sede di provincia non siano poi così male rispetto ai safari in periferia, tra aggressioni e malori nei contesti più disparati; soprattutto quando ti ritrovi a prestare soccorso su un piccolo incidente stradale, che ha coinvolto un porta-pizza in scooter ed il profumo che ti avvolge per tutta la durante dell'intervento, ti fa contrarre sempre più lo stomaco affamato.

Arriveremo a fine serata a sei interventi in totale, lasciando il posto ai colleghi della notte con un'ora di ritardo rispetto al solito.

E' così che tutti i miei programmi sulla "Milano da bere", quella alla quale ero abituato, da osservare sotto un altro punto di vista, vanno ad infrangersi con un'altra Milano tutta da scoprire, fatta di palazzoni uno uguale all'altro, stabili popolari dai citofoni divelti e strade battute da trans e prostitute, ma forse più bella, affascinante e ricca di storie da raccontare delle lustre vie del centro.


domenica 17 gennaio 2016

...Trabecola setto-marginale




 "...La trabecola setto marginale, e' una trabecola carnea di second-ordine che percorre tutta la superficie destra del setto interventricolare fino all-origine del muscolo papillare anteriore..."

Stasera il mio turno si apre cosi': un tomo di anatomia aperto sul tavolo della sala comune e la pasta da tenere d' occhio sui fornelli.

Che poi a pensarci bene, quel libro cosa me lo sono tirato dietro a fare? e' la terza volta che rileggo la medesima frase senza ancora averci capito nulla e se anche ora la rileggessi per la quarta, non cambierebbe nulla lo stesso. Tanto va a finire sempre cosi' , scendo in sede ripromettendomi almeno di finire il capitolo, per poi ritrovarmi mezz'ora dopo a cazzeggiare fuori con gli altri.

Vabbè dai, per oggi basta, la trabecola setto marginale può aspettare, anche perchè, puntuale come al solito, ecco squillare il computer del 118 che a quanto pare, di farci mangiare in santa pace oggi non sembra averne la minima voglia.

Lo sapevo io che non dovevo farmici trascinare quando han detto " Stasera cuciniamo !?  "; perchè tanto va a finire sempre così: pasta scotta ad orari improponibili.
Se avessi avuto invece la mia solita piadina, che mi porto sempre da casa, a quest'ora magari, un paio di morsi sarei anche riuscito a darglieli e il mio stomaco non sarebbe così tanto incazzato.

"Minchia è un rosso" dice una voce proveniente dall'altra stanza.
Spengo veloce i fornelli, infilo gli scarponcini, arraffo cellulare di servizio e bollettario e salgo al volo sull'ambulanza.
"Chiama la vigilanza e digli che stiamo arrivando! Che ci aspettino alla prima rotonda all'inizio del paese" mi dice l'autista ancor prima che io abbia chiuso lo sportello.
Lo guardo un attimo interdetto, senza capire chi e perchè vuole che chiami; poi do uno sguardo al terminale di bordo e capisco.
Stiamo andando in uno di quei simpatici complessi costruiti verso la fine degli anni settanta, da cordate si imprenditori edili più e meno noti, dove le case, immerse nel verde, sono tutte uguali le une alle altre, dove non esistono vie o numerici civici, ma piuttosto residenze dai nomi fantasiosi con allegati numeri di citofono. Dove insomma, se non ci sei nato e vissuto, trovare un indirizzo è uno dei compiti più ardui che ti possano capitare.
Fortunatamente però, esiste anche un grazioso servizio di vigilanza che se avvisato, ti accompagna direttamente sul luogo desiderato, districandosi in quel dedalo di vie e facendoti risparmiare un buon quarto d'ora di giri a vuoto.

Lungo il tragitto ho pure modo di apprezzare la nuova applicazione installata sugli smarth phones ( sentite come fa figo dire che in ambulanza abbiamo in dotazione gli smarth phones di servizio), che mi da un quadro un po' più completo della situazione rispetto alle scarsissime informazioni che fino a qualche tempo fa, avevi a disposizione esclusivamente sul terminale.
Stando a quello che leggo, la nostra paziente, una donna di 65 anni, è cosciente e respira a fatica. Cardiopatica ed ipertesa, ha contattato il 118 per un dolore toracico insorto entro 60 minuti dalla chiamata.

Cavolo ! Efficiente però la vigilanza! Una macchina ci è venuta a prendere nel luogo convenuto, mentre un'altra era già pronta sotto casa della signora, facendoci trovare il cancello aperto e l'ascensore pronto al pian terreno.
Non oso immaginare quanto paghino di spese condominiali, ma sicuramente son soldi ( in parte ) ben spesi.

Appartamento ampio, anzi grande, molto grande.
" A sinistra e poi in fondo al corridoio a destra" ci dice il marito cedendoci il passo. Peccato la vigilanza si sia fermata ai box, altrimenti mi sarebbe stata utile anche nel trovare la camera da letto.
All'ingresso nella stanza trovo un' elegante signora in camicia da notte rifinita in pizzo, con addirittura i calzini abbinati che vedendo la sua camera invasa da quattro brutti ceffi che di abbinato non hanno neanche il colore della divisa esclama : " Oh madonna, ma quanti siete !? Che è successo ? Non starò mica per morire !? "
Ho la forte tentazione di risponderle :  bhè signora, a giudicare da quello che ha raccontato al telefono, l'operatore di centrale deve aver pensato proprio di si; ma conto fino a dieci e riesco a trattenermi.

Nel frattempo il quarto ha già posizionato il  saturimetro ed estratto lo sfigmo e non escludo abbia a malincuore già riposto la canula, che si era preparato, in tasca.
Io invece non ho ancora fatto in tempo a formulare le domande di rito, che la signora ha già iniziato a sommergermi con la sua intera storia clinica, dall'appendicectomia eseguita in età giovanile, fino all'enterogermina che le ha prescritto il medico il mese  scorso per alcuni episodi di dissenteria.

Il motivo della chiamata di stasera è un malessere generalizzato e diffuso, associato a moderata cefalea e lieve astenia dal tardo pomeriggio. Eupnoica, cute rosea ed asciutta, polso periferico ritmico e parametri migliori dei miei.
Squilla il telefono di servizio.
E' la centrale. Strano, di solito chiamano solo se abbiam fatto qualche cappellata, tipo non aver dato la conferma di arrivo sul posto : " Si ciao ***1385, ascolta volevo un rapido aggiornamento sulla situazione  della signora che sto valutando la competitività d'invio di un mezzo avanzato".
La guardo, bella pimpante che sta rimproverando il marito per non so quale mancanza e la curiosità di sapere che diavolo deve aver raccontato durante la chiamata si fa sempre più insistente.
Descrivo la situazione all'infermiere, la cui voce  sento progressivamente  variare tra l'incredulità e lo sconforto : "Ah...okay, no, vabbè dai, allora inviami un ecg e ci risentiamo".
Eseguiamo e trasmettiamo l'elettrocardiogramma, mentre la massima preoccupazione della signora è scegliere quale cappotto e quali ciabatte indossare per l'ospedale ed è difficile farle capire che durante l'acquisizione del tracciato non deve muoversi.

Penso che la telefonata in centrale, sia stata la più rapida della mia carriera.
"Ciao, qui ***1385, ti ho inv." neanche il tempo di finire la frase che:
 " Si, ho appena visto il tracciato. Vai in verde in PS."

Terminata l'ardua scelta dell' out-fit più adeguato ai lettini del pronto soccorso, riusciamo finalmente ad uscire dall'appartamento e a raggiungere l'androne del palazzo dove, come d'abitudine, l'autista aveva preventivamente sistemato la barella.
"Non vorrete mica portarmi via su quella cosa !? Ce la faccio benissimo a salire da sola sull'ambulanza!"
Il mio stomaco brontola per la fame e le mie palle girano per il nervoso.
"Cosa penseranno i vicini a vedermi andare via così !?" insiste.
Vabbè, che faccia un po' quel che le pare,
"Se vuole star seduta che faccia pure, mi raccomando però allacciatele almeno la cintura del sedile" faccio a terzo e quarto mentre salgo davanti a finir di compilare la bolla, chiudendo preventivamente la finestrella che mette in comunicazione abitacolo e vano sanitario.
Se c'è una cosa che mi piace nel fare il capo-servizio è, quando le circostanze lo permettono, il potersi sedere davanti. Evitando così la guida di certi autisti che ,quando stai dietro, ti sballottano manco fossi un pacco di Bartolini, ma soprattutto non doversi sorbire quei pazienti noiosi, pedanti e petulanti che lanceresti giù alla prima curva.

Siamo già sulla via del rientro in sede quando sento squillare il cellulare di servizio, mentre il terminale di bordo ancora tace. Guardo l'autista, sento il mio stomaco, guardo il display, - chiamata in arrivo : sede cri - , sospiro di sollievo.
"Allora, l'acqua bolle, che faccio ? butto la pasta ? tanto state tornando...".