Normalmente,
chiunque indossi una divisa e operi con essa in un ambiente esterno durante
tutto l’arco dell’anno, non appena gliene fornirete la possibilità ( e mi
raccomando non fate l’errore di fornirgliela) non farà che lamentarsi di come questa tenga
ovviamente freddo d’inverno e caldo in estate. Soprattutto se è fine Luglio, le
lancette dell’orologio segnano mezzogiorno e mezza ed i tuoi scarponi, stanno sprofondando nella
sabbia della spiaggia, nel tentativo di far avanzare la barella lungo la
passerella in plastica, un po’ malconcia, che collega il parcheggio al mare.
Durante un intervento in spiaggia, non esiste cosa peggiore della sabbia. Ti si infila ovunque e il riflesso dei raggi del sole sui suoi fini granelli bianchi, ti acceca, impedendoti quasi ti tenere gli occhi aperti.
Sono letteralmente in un bagno di sudore e se io, che sono su questa spiaggia
da meno di un quarto d’ora, sento già di non poter resistere ancora a lungo, mi
chiedo come abbia fatto Anishka a reggere fino ad ora, prima di collassare.
Lui parla poco l’italiano, ma dai pochi sintomi che riesce a descrivere e da quello che ci dicono i bagnanti che hanno assistito alla scena, sembra proprio una sincope.
E ci credo ! Ci saranno 37 gradi all’ombra, un sole che spacca le pietre e con ogni probabilità, è dalla prima mattina, che sta facendo avanti e indietro lungo la spiaggia, caricandosi sulle spalle tutta la sua mercanzia, che a confronto, lo zaino sanitario che porto io adesso e di cui tanto vorrei sbarazzarmi, sembra una piuma.
Lui parla poco l’italiano, ma dai pochi sintomi che riesce a descrivere e da quello che ci dicono i bagnanti che hanno assistito alla scena, sembra proprio una sincope.
E ci credo ! Ci saranno 37 gradi all’ombra, un sole che spacca le pietre e con ogni probabilità, è dalla prima mattina, che sta facendo avanti e indietro lungo la spiaggia, caricandosi sulle spalle tutta la sua mercanzia, che a confronto, lo zaino sanitario che porto io adesso e di cui tanto vorrei sbarazzarmi, sembra una piuma.
Quando siamo
arrivati, lo abbiamo trovato disteso sotto un gazebo di uno stabilimento
balneare, pallido ( per quanto possa trasparire dalla sua pigmentazione mulatta
) esausto e sudato, tanto che per riuscire a metterlo sulla barella abbiamo
dovuto utilizzare il telo.
Pressione che dire bassa è un eufemismo e glicemia uguale.
Il medico, giunto poco dopo di noi, ha eseguito un ecg ed una valutazione neurologica, che non hanno evidenziato particolari anomalie, ha iniziato a somministrargli una flebo di glucosata e ci ha inviato in codice giallo in ospedale, per poi rifugiarsi al fresco della pineta insieme all'infermiere, ancora prima che potessimo chieder loro una mano, non dico a spingere la barella, quello sarebbe stato chiedere troppo, ma quanto meno a riportare sull'ambulanza i nostri presidi, per poter lavorare senza altri carichi aggiuntivi.
Da quando siamo saliti sull'ambulanza, complici anche la flebo e il fresco dell’aria condizionata, Anishka sembra si stia riprendendo, ci sorride e ci ringrazia in continuazione.
Viene dallo Sri Lanka, ha 24 anni ed è nel nostro paese da poco meno di un anno, lì ha lasciato moglie e due figli. Con quel poco di italiano che riesce a parlare, ci dice che è la prima volta che finisce in ospedale e chiede se sarà di nuovo in forze stasera per il suo secondo lavoro, come lavapiatti.
Inutile dirgli che sarebbe meglio stesse a riposo per oggi, ha già perso la giornata di lavoro e non è certo ritroverà la sua merce domani, temporaneamente stipata presso lo stabilimento balneare dove si era sentito male. Non può rischiare di perdere anche il lavoro serale.
Mi piacerebbe conoscere più fondo la sua storia, avere modo di dialogarci meglio, ma il tempo e lingua non facilitano per nulla la cosa.
Pressione che dire bassa è un eufemismo e glicemia uguale.
Il medico, giunto poco dopo di noi, ha eseguito un ecg ed una valutazione neurologica, che non hanno evidenziato particolari anomalie, ha iniziato a somministrargli una flebo di glucosata e ci ha inviato in codice giallo in ospedale, per poi rifugiarsi al fresco della pineta insieme all'infermiere, ancora prima che potessimo chieder loro una mano, non dico a spingere la barella, quello sarebbe stato chiedere troppo, ma quanto meno a riportare sull'ambulanza i nostri presidi, per poter lavorare senza altri carichi aggiuntivi.
Da quando siamo saliti sull'ambulanza, complici anche la flebo e il fresco dell’aria condizionata, Anishka sembra si stia riprendendo, ci sorride e ci ringrazia in continuazione.
Viene dallo Sri Lanka, ha 24 anni ed è nel nostro paese da poco meno di un anno, lì ha lasciato moglie e due figli. Con quel poco di italiano che riesce a parlare, ci dice che è la prima volta che finisce in ospedale e chiede se sarà di nuovo in forze stasera per il suo secondo lavoro, come lavapiatti.
Inutile dirgli che sarebbe meglio stesse a riposo per oggi, ha già perso la giornata di lavoro e non è certo ritroverà la sua merce domani, temporaneamente stipata presso lo stabilimento balneare dove si era sentito male. Non può rischiare di perdere anche il lavoro serale.
Mi piacerebbe conoscere più fondo la sua storia, avere modo di dialogarci meglio, ma il tempo e lingua non facilitano per nulla la cosa.
Lo lasciamo sul letto del pronto soccorso,dal quale continua a salutarci fino a che non scompariamo dietro le porte automatiche, un po’ frastornato, ma allo stesso tempo incuriosito dall'ambiente che lo circonda.
Fatti due passi nel parcheggio verso l'ambulanza, sento lo stomaco che inizia a brontolare, il che mi indica che non dovrebbe mancare molto a fine turno. Dai che poi si va in spiaggia con gli altri ragazzi del “Mare-Volontariato”, forse però prima di ripartire, è meglio che mi svuoti gli scarponcini dalla sabbia…
