Immaginate un sabato sera di Gennaio, ragazzi che escono e si divertono dopo una settimana passata tra i banchi. Poi le ore passano, il tasso alcolemico aumenta, aggiungici magari qualche pasticca di troppo ed il gioco è fatto: per chi è di turno in città, il sabato notte è un vero inferno.
Bene; in provincia è esattamente l’opposto. Contrariamente alle
aspettative è un turno insolitamente tranquillo; tutti infatti si spostano
verso Milano e ne noi siamo ben felici. Al limite ti può capitare di andare a raccattare quelli
che, in qualche modo sono riusciti a mettere in moto la macchina, salvo poi
impastarsi alla prima curva, ma per loro
non nutro alcuna compassione.
Quando quindi vieni inviato nel paesino accanto al tuo, per
una persona incosciente in strada, tutto ti aspetteresti tranne che di
ritrovarti un sudamericano grosso come un toro, la cui puzza di alcol è
riconoscibile a chilometri, che dorme a
torso nudo sul selciato di un parco.
Chiariamoci, se non fosse metà Gennaio e lui
non fosse a torso nudo, una volta appurato che vuole essere lasciato in pace a
dormire, io avrei fatto dietro frunt e me ne sarei tornato tranquillamente in
sede. Purtroppo però stanotte fa freddo; molto freddo, lui non ha di che coprirsi
e se lo lasciassimo lì a smaltire la sbronza, tempo un paio d’ore e morirebbe assiderato.
“Buonasera ! Croce Rossa ! ”…Miguel apre lentamente gli
occhi, si guarda intorno un po’ spaesato e dopo quello che sembra essere uno
sforzo sovrumano, riesce ad alzarsi. Barcolla qualche istante, per poi
ritrovare l’equilibrio appoggiandosi di fatto all'autista.
Come
previsto, è ubriaco, ma non sembra pericoloso, tant’è che non appena acquistato
un briciolo di lucidità, inizia ad inondarci
con un torrente di parole spesso sconnesse e disarticolate tra loro,
dalla quali si evince però che è da parecchio tempo che risiede nel nostro
Paese, lavora come corriere e ha famiglia, ma purtroppo le cose ultimamente non
gli stanno andando bene e sta per cadere nel pericoloso tunnel della
depressione.
E’ impressionante come (complici forse anche
i fumi dell’alcol) si stia aprendo completamente con noi, senza freni o vincoli
di nessun tipo. Siamo per lui come una valvola di sfogo, dei perfetti
sconosciuti su cui riversare tutti i propri dubbi, le proprie preoccupazioni e frustrazioni.
Non di rado capita infatti di raccogliere sfoghi o confessioni, più o
meno velati, di chi è spaventato da ciò
che gli sta succedendo o dopo tante
sofferenze, è semplicemente stanco di lottare ancora. Questa volta però è diverso, più
Miguel parla e più si agita, fino che ad un certo punto, senza nessun motivo
apparente, sferra due pugni al torace al capo-equipaggio, gridandogli :“Hijo
de puta !”. Inizia ad urlare e ad agitare le braccia; colpisce anche me e l’autista .
Noi
ci allontaniamo velocemente, va bene porgere l’altra guancia ed aiutare il
prossimo, ma di stare a prendere cazzotti per nulla non mi va affatto.
Avvisiamo la Centrale, che provvede ad allertare i Carabinieri; ma l’arrivo della pattuglia non fa altro che
peggiorare le cose. Miguel alterna stadi di relativa calma a momenti di rabbia
incontrollata che, nonostante le aspettative, non si fa problemi a riversare
anche sulle forze dell’ordine.
Viene ammanettato ed immobilizzato e si opta per il
trasporto in ospedale.
I minuti che ci
separano dal pronto soccorso sembrano
però interminabili. Ho davanti a me un uomo completamente immobilizzato ed
inerme. Tutta la sua forza e la sua energia sono forzatamente contenute ed il
viso, bagnato dalle lacrime, è contratto nel disperato tentativo di liberarsi
da quelle costrizioni.
Mi chiedo cosa stia passando ora nella mente di quell'uomo.
Come ci si possa sentire privati della propria
libertà, completamente impossibilitati a muoversi, nelle mani di quattro
perfetti sconosciuti…Capisco gli sputi e gli insulti che continua ad indirizzare
nei nostri confronti, mi sento quasi in colpa ed arrivo a pensare che se in
questo momento gli venissero tolte le manette, la sua furia svanirebbe nel
nulla, così come è iniziata.
Arrivati in pronto soccorso però, scopriamo purtroppo che
Miguel non è nuovo a questo genere di episodi e nonostante gli sia stata
somministrata una massiccia dose di calmanti, sia stato lasciato completamente
libero da qualsiasi costrizione e si trovi sul letto di un ospedale, continua a
sbraitare e ribaltare qualsiasi cosa gli capiti a portata di mano.
Ma ormai il nostro lavoro è finito,
il paziente è stato trasportato in ospedale e la relazione di servizio è stata
timbrata.
Le porte automatiche si chiudono alle mie
spalle mentre trascino stancamente la barella verso l’ambulanza. L’aria fuori è
gelida, quasi tagliente. Respiro a pieni polmoni e guardo l’orologio : sono le
tre. Per quanto ora mi piacerebbe fermarmi non si può, è appena iniziato
l’orario degli incidenti…

