venerdì 24 aprile 2015

...Hijo de puta !






Immaginate un sabato sera di Gennaio, ragazzi che escono e si divertono dopo una settimana passata tra i banchi. Poi le ore passano, il tasso alcolemico aumenta, aggiungici magari qualche pasticca di troppo ed il gioco è fatto: per chi è di turno in città, il sabato notte è un vero inferno.                                                                                                                  
Bene; in provincia è esattamente l’opposto. Contrariamente alle aspettative è un turno insolitamente tranquillo; tutti infatti si spostano verso Milano e ne noi siamo ben felici. Al limite  ti può capitare di andare a raccattare quelli che, in qualche modo sono riusciti a mettere in moto la macchina, salvo poi impastarsi alla prima curva, ma  per loro non nutro alcuna compassione.  

Quando quindi vieni inviato nel paesino accanto al tuo, per una persona incosciente in strada, tutto ti aspetteresti tranne che di ritrovarti un sudamericano grosso come un toro, la cui puzza di alcol è riconoscibile a chilometri,  che dorme a torso nudo sul selciato di un parco.            
Chiariamoci, se non fosse metà Gennaio e lui non fosse a torso nudo, una volta appurato che vuole essere lasciato in pace a dormire, io avrei fatto dietro frunt e me ne sarei tornato tranquillamente in sede. Purtroppo però stanotte fa freddo; molto freddo, lui non ha di che coprirsi e se lo lasciassimo lì a smaltire la sbronza, tempo un paio d’ore e morirebbe assiderato.

“Buonasera ! Croce Rossa ! ”…Miguel apre lentamente gli occhi, si guarda intorno un po’ spaesato e dopo quello che sembra essere uno sforzo sovrumano, riesce ad alzarsi. Barcolla qualche istante, per poi ritrovare l’equilibrio appoggiandosi di fatto all'autista.                                                            
Come previsto, è ubriaco, ma non sembra pericoloso, tant’è che non appena acquistato un briciolo di lucidità, inizia ad inondarci  con un torrente di parole spesso sconnesse e disarticolate tra loro, dalla quali si evince però che è da parecchio tempo che risiede nel nostro Paese, lavora come corriere e ha famiglia, ma purtroppo le cose ultimamente non gli stanno andando bene e sta per cadere nel pericoloso tunnel della depressione.                                                                                         
E’ impressionante come (complici forse anche i fumi dell’alcol) si stia aprendo completamente con noi, senza freni o vincoli di nessun tipo. Siamo per lui come una valvola di sfogo, dei perfetti sconosciuti su cui riversare tutti i propri dubbi, le proprie preoccupazioni e frustrazioni.                                                                              
Non di rado capita infatti di raccogliere sfoghi o confessioni, più o meno velati,  di chi è spaventato da ciò che gli sta succedendo o  dopo tante sofferenze, è semplicemente stanco di lottare ancora. Questa volta però è diverso, più Miguel parla e più si agita, fino che ad un certo punto, senza nessun motivo apparente, sferra due pugni al torace al capo-equipaggio, gridandogli :“Hijo de puta !”. Inizia ad urlare e ad agitare le braccia;  colpisce anche me e l’autista .                               
Noi ci allontaniamo velocemente, va bene porgere l’altra guancia ed aiutare il prossimo, ma di stare a prendere cazzotti per nulla non mi va affatto.                                                                                                                                                             
Avvisiamo la Centrale, che provvede ad allertare i Carabinieri;  ma l’arrivo della pattuglia non fa altro che peggiorare le cose. Miguel alterna stadi di relativa calma a momenti di rabbia incontrollata che, nonostante le aspettative, non si fa problemi a riversare anche sulle forze dell’ordine.
Viene ammanettato ed immobilizzato e si opta per il trasporto in ospedale. 
I  minuti che ci separano dal pronto soccorso  sembrano però interminabili. Ho davanti a me un uomo completamente immobilizzato ed inerme. Tutta la sua forza e la sua energia sono forzatamente contenute ed il viso, bagnato dalle lacrime, è contratto nel disperato tentativo di liberarsi da quelle costrizioni.                                                                              
Mi chiedo cosa stia passando ora nella mente di quell'uomo. Come ci si possa sentire privati della propria  libertà, completamente impossibilitati a muoversi, nelle mani di quattro perfetti sconosciuti…Capisco gli sputi e gli insulti che continua ad indirizzare nei nostri confronti, mi sento quasi in colpa ed arrivo a pensare che se in questo momento gli venissero tolte le manette, la sua furia svanirebbe nel nulla, così come è iniziata.

Arrivati in pronto soccorso però, scopriamo purtroppo che Miguel non è nuovo a questo genere di episodi e nonostante gli sia stata somministrata una massiccia dose di calmanti, sia stato lasciato completamente libero da qualsiasi costrizione e si trovi sul letto di un ospedale, continua a sbraitare e ribaltare qualsiasi cosa gli capiti a portata di mano.                                                          

Ma ormai il nostro lavoro è finito, il paziente è stato trasportato in ospedale e la relazione di servizio è stata timbrata.                                                                                                                                         Le porte automatiche si chiudono alle mie spalle mentre trascino stancamente la barella verso l’ambulanza. L’aria fuori è gelida, quasi tagliente. Respiro a pieni polmoni e guardo l’orologio : sono le tre. Per quanto ora mi piacerebbe fermarmi non si può, è appena iniziato l’orario degli incidenti…

venerdì 10 aprile 2015

...Permesso



“ Permesso, Buona sera. Che succede ? ” è un automatismo ormai, che ripeto ogni volta che entro in casa di qualcuno per un intervento...                                                                                                         

Facendo quasi esclusivamente turni di notte, l’80% dei nostri servizi, si svolge tra le pareti di una casa ad un orario che varia tra le 22.00 e le 06.30: quel momento in cui, stanco dopo una giornata di lavoro, ti concedi alle braccia di Morfeo , lasciando cadere ogni difesa, protetto dalle calde mura di casa tua.                                                                                          
Ed è proprio in questi frangenti, che noi facciamo la nostra comparsa: quattro brutti personaggi dalle facce stanche e dalle divise rosso fuoco, carichi di borse, bombole e strani marchingegni  che ti piombano in casa nel cuore della notte.                                                                                                                                                         
Il nostro più che un ingresso, è quasi un’irruzione:  sia fisica che metaforica. Entriamo nei momenti più intimi e privati della vita delle persone, quei momenti in cui mai ti aspetteresti una visita, né tantomeno di sentirti male.  Così ti capita di ritrovarti al fianco di un quarantacinquenne alle 02:45 del mattino, sulla tazza del water seminudo  in preda a dei dolori addominali allucinati, con la moglie in pigiama ti che spiega spaventata  che non sapeva cosa fare e ha chiamato l’ambulanza o ancora che ti si presenti sulla porta del soggiorno, la figlia sedicenne, della signora a cui stai facendo un ECG che, svegliata dal trambusto, completamente frastornata, non ha ancora ben capito cosa sta succedendo e cosa ci facciamo in casa sua.       

Abbattiamo con la forza e senza neanche rendercene conto, qualsiasi barriera. Entriamo con gli scarponi, magari anche sporchi perché fuori piove, in case dove la mamma normalmente farebbe mettere le pattine a chiunque per non rovinare il pavimento o potresti ritrovarmi  a cavalcioni al tuo fianco sul letto che ti misuro la pressione, con una divisa che proprio fresca e profumata non è , quando nella vita normale, guai a salirci sopra, con i vestiti con cui si è preso il tram o andati al lavoro.                                                                                                                                       

Vediamo le persone come esse sono realmente:  senza filtri,  trucchi o artifizi. Osserviamo, gioco-forza, l’ambiente in cui vivono, entrando profondamente nella loro intimità, per poi salutarli dopo mezz’ora al pronto soccorso, senza probabilmente rivederli mai più.

Alcuni si scusano per il disordine, altri per averci accolti in pigiama, alcuni addirittura vorrebbero offrici qualcosa da bere…io rispondo sorridendo, sempre con la solita frase : ” Non si preoccupi signora, non ha idea di quante ne vediamo, non sono di certo due vestiti in disordine a sconvolgerci", al che si tranquillizzano e  noi possiamo finalmente cercare di capire il perché della chiamata.


Ora ho finalmente capito come mai mia madre, che di ambulanze da giovane ha dovuto chiamarne anche troppe, ogni volta che le chiedo  “ Che senso ha sistemare adesso !? Stiamo per andare a dormire ! ” mi risponde “ Così se viene l’ambulanza non trova disordine ”