domenica 11 dicembre 2016

...oh mamma voglio far la colonnina!



Tu non sei normale! Mia madre me lo ripete sempre, ogni volta che mi vede indossare la divisa per andare in servizio. Forse tutti i torti non li ha, ma a me piace, piace da impazzire!
Se la Scuola di Specializzazione in Medicina d'Urgenza, non fosse così tanto bistrattata e ostacolata in Italia, non avrei dubbi nel rispondere, a chi mi chiede che strada voglia intraprendere dopo la laurea.

Arriva quindi un momento in cui, quei due o tre interventi a turno nell'hinterland, cominciano a starti un pochino stretti ed inizi a pensare come sarebbe "lavorare" stabilmente su Milano.

Per chi non fosse avvezzo alla cosa, nella città di Milano, dalla mattina fino alle 24:00, le ambulanze non partono dalle sedi di appartenenza delle associazioni, ma sono dislocate in punti strategici della città, le colonnine appunto, che variano a seconda delle necessità e della disponibilità di mezzi e che vengono assegnate, di volta in volta, dalla centrale.

Eccomi qui quindi in un comitato a pochi chilometri dal mio,  una domenica sera di Febbraio, a selezionare sul tablet per la mia prima volta, la tanto agognata opzione:   <<RICHIESTA  DI STAZIONAMENTO>>. 

Già mi immaginavo  ad attendere il servizio sul sagrato del Duomo o lungo i Navigli:  magari gustandomi un bel panzerotto di Luini, mentre ammiravo le turiste di passaggio.

Invece mi ritrovo sbattuto in colonnina  in una piazza della periferia più profonda, della quale fino ad oggi ignoravo completamente anche l'esistenza,  ordinando un kebab da Ahmed "sensa piacante" ed ammirando tamarri col cinquantino che fanno il giro della piazza,

Che posto di merda! Non mi vengono in mente altre parole al momento per descriverlo, speriamo ci passino un servizio così ci leviamo di torno alla svelta. 

In pochi minuti le mie richieste vengono esaudite e veniamo attivati per quello che sarà un classico della serata :  <<CODICE GIALLO - NON NOTO>> accompagnato da un nominativo straniero e nessun altra informazione, neanche sull'applicazione dello smart-phone, con cui si accede alla prima intervista sanitaria.
Il luogo dell'evento è un complesso di caseggiati popolari con unico ingresso: cancello tanto inesistente quanto le luci che illuminano il cortile e citofoni letteralmente divelti.
Per uno come me, che viene dalla provincia,  abituato a fare servizio in un contesto dove molti dei servizi si svolgono in palazzine di massimo quattro piani circondate da giardino condominiale, villette bifamiliari o qualche vecchia casa di ringhiera, il primo impatto non è dei migliori, anzi quasi sconfortante. 
Il resto dell'equipaggio però non sembra neanche farci caso e si dirige senza troppi indugi verso un ragazzo, che con aria piuttosto trafelata si dirige verso di noi.
E' sua moglie che sta male. In cinta, non parla ovviamente una parola di italiano e nonostante i goffi  tentativi di traduzione del marito, non riesco comunque a capire con precisione che cos'ha.
Se ho capito bene non si tratta di un problema relativo alla gravidanza, non dovrebbe essere a termine e non sembrerebbero essersi manifestate contrazioni. Già tiro un sospiro di sollievo, uno degli scenari che più mi terrorizza: il parto, per giunta senza la presenza dell'equipe sanitaria, potrebbe dirsi escluso.
Senza troppi indugi o sofismi, carichiamo quindi la signora in ambulanza insieme al marito, senza che neanche si paventi  il problema di dove lasciare gli altri due figli della coppia: già prontamente accolti dai vicini di casa.

Il resto della serata prosegue frenetico ed instancabile, sembra che la centrale non voglia darci tregua: la porzione di patatine avanzata dal primo tentativo di cenare, è ormai diventata fredda e gommosa e non oso pensare quale nuova specie di batteri abbia colonizzato il mezzo panino col kebab che mi dimentico sempre di buttare.
Arrivo a pensare che forse forse la relativa calma, il caldo ed il divano della mia sede di provincia non siano poi così male rispetto ai safari in periferia, tra aggressioni e malori nei contesti più disparati; soprattutto quando ti ritrovi a prestare soccorso su un piccolo incidente stradale, che ha coinvolto un porta-pizza in scooter ed il profumo che ti avvolge per tutta la durante dell'intervento, ti fa contrarre sempre più lo stomaco affamato.

Arriveremo a fine serata a sei interventi in totale, lasciando il posto ai colleghi della notte con un'ora di ritardo rispetto al solito.

E' così che tutti i miei programmi sulla "Milano da bere", quella alla quale ero abituato, da osservare sotto un altro punto di vista, vanno ad infrangersi con un'altra Milano tutta da scoprire, fatta di palazzoni uno uguale all'altro, stabili popolari dai citofoni divelti e strade battute da trans e prostitute, ma forse più bella, affascinante e ricca di storie da raccontare delle lustre vie del centro.


domenica 17 gennaio 2016

...Trabecola setto-marginale




 "...La trabecola setto marginale, e' una trabecola carnea di second-ordine che percorre tutta la superficie destra del setto interventricolare fino all-origine del muscolo papillare anteriore..."

Stasera il mio turno si apre cosi': un tomo di anatomia aperto sul tavolo della sala comune e la pasta da tenere d' occhio sui fornelli.

Che poi a pensarci bene, quel libro cosa me lo sono tirato dietro a fare? e' la terza volta che rileggo la medesima frase senza ancora averci capito nulla e se anche ora la rileggessi per la quarta, non cambierebbe nulla lo stesso. Tanto va a finire sempre cosi' , scendo in sede ripromettendomi almeno di finire il capitolo, per poi ritrovarmi mezz'ora dopo a cazzeggiare fuori con gli altri.

Vabbè dai, per oggi basta, la trabecola setto marginale può aspettare, anche perchè, puntuale come al solito, ecco squillare il computer del 118 che a quanto pare, di farci mangiare in santa pace oggi non sembra averne la minima voglia.

Lo sapevo io che non dovevo farmici trascinare quando han detto " Stasera cuciniamo !?  "; perchè tanto va a finire sempre così: pasta scotta ad orari improponibili.
Se avessi avuto invece la mia solita piadina, che mi porto sempre da casa, a quest'ora magari, un paio di morsi sarei anche riuscito a darglieli e il mio stomaco non sarebbe così tanto incazzato.

"Minchia è un rosso" dice una voce proveniente dall'altra stanza.
Spengo veloce i fornelli, infilo gli scarponcini, arraffo cellulare di servizio e bollettario e salgo al volo sull'ambulanza.
"Chiama la vigilanza e digli che stiamo arrivando! Che ci aspettino alla prima rotonda all'inizio del paese" mi dice l'autista ancor prima che io abbia chiuso lo sportello.
Lo guardo un attimo interdetto, senza capire chi e perchè vuole che chiami; poi do uno sguardo al terminale di bordo e capisco.
Stiamo andando in uno di quei simpatici complessi costruiti verso la fine degli anni settanta, da cordate si imprenditori edili più e meno noti, dove le case, immerse nel verde, sono tutte uguali le une alle altre, dove non esistono vie o numerici civici, ma piuttosto residenze dai nomi fantasiosi con allegati numeri di citofono. Dove insomma, se non ci sei nato e vissuto, trovare un indirizzo è uno dei compiti più ardui che ti possano capitare.
Fortunatamente però, esiste anche un grazioso servizio di vigilanza che se avvisato, ti accompagna direttamente sul luogo desiderato, districandosi in quel dedalo di vie e facendoti risparmiare un buon quarto d'ora di giri a vuoto.

Lungo il tragitto ho pure modo di apprezzare la nuova applicazione installata sugli smarth phones ( sentite come fa figo dire che in ambulanza abbiamo in dotazione gli smarth phones di servizio), che mi da un quadro un po' più completo della situazione rispetto alle scarsissime informazioni che fino a qualche tempo fa, avevi a disposizione esclusivamente sul terminale.
Stando a quello che leggo, la nostra paziente, una donna di 65 anni, è cosciente e respira a fatica. Cardiopatica ed ipertesa, ha contattato il 118 per un dolore toracico insorto entro 60 minuti dalla chiamata.

Cavolo ! Efficiente però la vigilanza! Una macchina ci è venuta a prendere nel luogo convenuto, mentre un'altra era già pronta sotto casa della signora, facendoci trovare il cancello aperto e l'ascensore pronto al pian terreno.
Non oso immaginare quanto paghino di spese condominiali, ma sicuramente son soldi ( in parte ) ben spesi.

Appartamento ampio, anzi grande, molto grande.
" A sinistra e poi in fondo al corridoio a destra" ci dice il marito cedendoci il passo. Peccato la vigilanza si sia fermata ai box, altrimenti mi sarebbe stata utile anche nel trovare la camera da letto.
All'ingresso nella stanza trovo un' elegante signora in camicia da notte rifinita in pizzo, con addirittura i calzini abbinati che vedendo la sua camera invasa da quattro brutti ceffi che di abbinato non hanno neanche il colore della divisa esclama : " Oh madonna, ma quanti siete !? Che è successo ? Non starò mica per morire !? "
Ho la forte tentazione di risponderle :  bhè signora, a giudicare da quello che ha raccontato al telefono, l'operatore di centrale deve aver pensato proprio di si; ma conto fino a dieci e riesco a trattenermi.

Nel frattempo il quarto ha già posizionato il  saturimetro ed estratto lo sfigmo e non escludo abbia a malincuore già riposto la canula, che si era preparato, in tasca.
Io invece non ho ancora fatto in tempo a formulare le domande di rito, che la signora ha già iniziato a sommergermi con la sua intera storia clinica, dall'appendicectomia eseguita in età giovanile, fino all'enterogermina che le ha prescritto il medico il mese  scorso per alcuni episodi di dissenteria.

Il motivo della chiamata di stasera è un malessere generalizzato e diffuso, associato a moderata cefalea e lieve astenia dal tardo pomeriggio. Eupnoica, cute rosea ed asciutta, polso periferico ritmico e parametri migliori dei miei.
Squilla il telefono di servizio.
E' la centrale. Strano, di solito chiamano solo se abbiam fatto qualche cappellata, tipo non aver dato la conferma di arrivo sul posto : " Si ciao ***1385, ascolta volevo un rapido aggiornamento sulla situazione  della signora che sto valutando la competitività d'invio di un mezzo avanzato".
La guardo, bella pimpante che sta rimproverando il marito per non so quale mancanza e la curiosità di sapere che diavolo deve aver raccontato durante la chiamata si fa sempre più insistente.
Descrivo la situazione all'infermiere, la cui voce  sento progressivamente  variare tra l'incredulità e lo sconforto : "Ah...okay, no, vabbè dai, allora inviami un ecg e ci risentiamo".
Eseguiamo e trasmettiamo l'elettrocardiogramma, mentre la massima preoccupazione della signora è scegliere quale cappotto e quali ciabatte indossare per l'ospedale ed è difficile farle capire che durante l'acquisizione del tracciato non deve muoversi.

Penso che la telefonata in centrale, sia stata la più rapida della mia carriera.
"Ciao, qui ***1385, ti ho inv." neanche il tempo di finire la frase che:
 " Si, ho appena visto il tracciato. Vai in verde in PS."

Terminata l'ardua scelta dell' out-fit più adeguato ai lettini del pronto soccorso, riusciamo finalmente ad uscire dall'appartamento e a raggiungere l'androne del palazzo dove, come d'abitudine, l'autista aveva preventivamente sistemato la barella.
"Non vorrete mica portarmi via su quella cosa !? Ce la faccio benissimo a salire da sola sull'ambulanza!"
Il mio stomaco brontola per la fame e le mie palle girano per il nervoso.
"Cosa penseranno i vicini a vedermi andare via così !?" insiste.
Vabbè, che faccia un po' quel che le pare,
"Se vuole star seduta che faccia pure, mi raccomando però allacciatele almeno la cintura del sedile" faccio a terzo e quarto mentre salgo davanti a finir di compilare la bolla, chiudendo preventivamente la finestrella che mette in comunicazione abitacolo e vano sanitario.
Se c'è una cosa che mi piace nel fare il capo-servizio è, quando le circostanze lo permettono, il potersi sedere davanti. Evitando così la guida di certi autisti che ,quando stai dietro, ti sballottano manco fossi un pacco di Bartolini, ma soprattutto non doversi sorbire quei pazienti noiosi, pedanti e petulanti che lanceresti giù alla prima curva.

Siamo già sulla via del rientro in sede quando sento squillare il cellulare di servizio, mentre il terminale di bordo ancora tace. Guardo l'autista, sento il mio stomaco, guardo il display, - chiamata in arrivo : sede cri - , sospiro di sollievo.
"Allora, l'acqua bolle, che faccio ? butto la pasta ? tanto state tornando...".






















mercoledì 4 novembre 2015

...Le ombre della notte



Domenica notte, freddo e nebbiolina.

<< CODICE GIALLO -  EVENTO VIOLENTO IN STRADA - DINAMICHE NON NOTE>>

Queste le confortanti informazioni, di quello che è ormai il terzo servizio di fila della nottata.
Il target è un po' fuori dalle nostre classiche zone di intervento, ci vorranno tra i 7 e i 10 minuti circa per raggiungerlo, minuti durante i quali confido vivamente siano già giunte sul posto le forze dell'ordine.

Sono le 02:30, le strade della periferia milanese sono praticamente deserte. La sirena rimbomba forte nell'abitacolo e i lampi blu si riflettono nella foschia creando un effetto quasi suggestivo.
Indosso la giacca della divisa, allaccio la cerniera fino al bavero, stringo i polsini e mi infilo un secondo paio di guanti.

Arriviamo nella zona indicataci dalla centrale, avendo come unico riferimento per individuare il luogo dell'evento, un grosso supermercato che si affaccia su tre vie diverse.
Da un lato la ferrovia e dall'altro un grande complesso di uffici.
In giro non c'è un anima. Sembra che il freddo oggi, abbia spinto tutte le prostitute che di solito battono la zona a starsene a casa al caldo oppure più verosimilmente, i loro clienti, a cercare ancor più calore in questa notte fredda e malinconica,

Notiamo in lontananza un ragazzo di colore, che si sporge in strada sbracciandosi, per attirare la nostra attenzione. Cazzo quando si sbracciano così tanto non è mai un buon segno !
Accanto a lui, riverso sul marciapiede, un altro ragazzo, con la testa avvolta da uno straccio completamente intriso di sangue. Che se avessi incontrato ieri avrei scambiato per un fantastico e quanto mai realistico, travestimento per Halloween.
Attorno a loro niente e nessuno nel raggio di diversi metri. Sembra l'ambientazione di un horror e se c'è una cosa che ho imparato guardandoli, è di non andare mai a vedere da dove provengano i rumori misteriosi

L'autista accosta l'ambulanza al marciapiede, scendo con cautela mantenendomi vicino allo sportello , prima di iniziare il soccorso voglio capire se la scena è del tutto sicura o se sussistano eventualmente altri pericoli.
"Cosa è successo ?" chiedo al ragazzo
"No parlo bene italiano" Ci mancava anche questa! vabbè dai  proviamo con l'inglese, l'esame da  quattro crediti di "inglese medico" servirà pur a qualcosa .
"What's happened to your friend? "
Se il mio accento e la mia pronuncia sono pessime, le sue sono ancora peggio. E' agitato e confuso, da quel che riesco a capire, il ragazzo disteso sul marciapiede è stato colpito alla testa mentre dormivano all'addiaccio vicino alla ferrovia e lui l'ha trasportato fino alla strada e chiamato l'ambulanza.

La prima valutazione del ragazzo non è confortante. Vie aeree pervie e  meccanica respiratoria apparentemente non  compromessa.. Gli occhi sono aperti, ma non ha nessun tipo di risposta, in qualsiasi lingua gli si provi a parlare. C'è però reazione allo stimolo doloroso, pupille isocoriche e normo reagenti ( ma facciamo finta che io non l'abbia scritto, visto che in teoria, non avrei nè la qualifica nè le competenze per affermarlo ).
Ha due grosse ferite molto profonde a livello dell'arcata sopraccigliare e in regione temporale , dalle quali continua a fuoriuscire parecchio sangue, tanto da aver creato una piccola pozza alla base della testa.

Terzo e quarto predispongono il ragazzo all'immobilizzazione spinale e tentano di frenare l'emorragia. Il compagno continua a muoversi ansiosamente attorno a noi. Cerco di capire meglio l'accaduto e la dinamica dell'evento, visto che per quanto uno possa essere bravo a fare a cazzotti, non ti apre la testa in quel modo a mani nude.
Il suo racconto è confuso : a quanto pare le ferite alla testa sono state inferte con una bottiglia di vetro e non più mentre stavano dormendo, ma durante un diverbio. Ricostruire un'eventuale storia sanitaria è un'impresa ardua. L'unica cosa che continua a ripetere con insistenza è di volere la polizia. Inutile dirgli che la vorrei anch'io tanto quanto lui.

Do uno sguardo ai parametri del ragazzo, che tutto sommato potrebbero essere ben peggiori. La valutazione testa piedi non evidenzia altre ferite, edemi o deformità. Eseguiamo il rog roll e lo posizioniamo sulla spinale.
Il sanguinamento alla testa è nettamente diminuito , senza però essersi ancora arrestato. Si pensa al posizionamento di una canula orofaringea, per il persistere dello stato di coscienza alterato , che non viene però tollerata.

Finiamo di stringere le cinghie del ragno e ricomponiamo lo zaino sanitario; mentre i rumori di un treno che passa in sottofondo e la luce del lampione che tinge di arancio l'aria, rendono la scena piuttosto inquietante.

Durante il trasporto, le condizioni del ragazzo migliorano. Recupera progressivamente lucidità, anche se appare sempre molto confuso e disorientato.

I carabinieri arrivano che lo stiamo togliendo dalla spinale, dopo che la TAC non ha evidenziato lesioni ed il chirurgo di guardia, brama dalla voglia di ricucirgli la testa.
La tentazione di soffermarmi a parlare con loro, descrivendogli con inutile dovizia di particolari tutto l'accaduto a partire dal nostro arrivo è molta, soprattutto perché fuori c'è da ripulire mezza ambulanza imbrattata di sangue,
Tuttavia  mi metto una mano sulla coscienza e penso all'ottimo lavoro di squadra appena concluso e mi immagino gli altri, indaffarati ed infreddoliti nel ripulire tutti i presidi.
In breve li raggiungo, per scoprire poi che, a quanto pare, aspettavano solo  me prima di iniziare a metter mano a scottecs e disinfettante...



venerdì 11 settembre 2015

...Granelli di sabbia






Normalmente, chiunque indossi una divisa e operi con essa in un ambiente esterno durante tutto l’arco dell’anno, non appena gliene fornirete la possibilità ( e mi raccomando non fate l’errore di fornirgliela)  non farà che lamentarsi di come questa tenga ovviamente freddo d’inverno e caldo in estate. Soprattutto se è fine Luglio, le lancette dell’orologio segnano  mezzogiorno e mezza  ed i tuoi scarponi, stanno sprofondando nella sabbia della spiaggia, nel tentativo di far avanzare la barella lungo la passerella in plastica, un po’ malconcia, che collega il parcheggio al mare. 

Durante un intervento in spiaggia, non esiste cosa peggiore della sabbia. Ti si infila ovunque e il riflesso dei raggi del sole sui suoi fini granelli bianchi, ti acceca, impedendoti quasi ti tenere gli occhi aperti.

Sono letteralmente in un bagno di sudore e se io, che sono su questa spiaggia da meno di un quarto d’ora, sento già di non poter resistere ancora a lungo, mi chiedo come abbia fatto Anishka a reggere fino ad ora, prima di collassare.
Lui parla poco l’italiano, ma dai pochi sintomi che riesce a descrivere e da quello che ci dicono i bagnanti che hanno assistito alla scena, sembra proprio una sincope.
E ci credo ! Ci saranno 37 gradi all’ombra, un sole  che spacca le pietre e con ogni probabilità, è dalla prima mattina, che sta facendo avanti e indietro lungo la spiaggia, caricandosi sulle spalle tutta la sua mercanzia, che a confronto, lo zaino sanitario che porto io adesso e di cui tanto vorrei sbarazzarmi, sembra una piuma.

Quando siamo arrivati, lo abbiamo trovato disteso sotto un gazebo di uno stabilimento balneare, pallido ( per quanto possa trasparire dalla sua pigmentazione mulatta ) esausto e sudato, tanto che per riuscire a metterlo sulla barella abbiamo dovuto utilizzare il telo.
Pressione che dire bassa è un eufemismo e glicemia uguale.
Il medico, giunto poco dopo di noi, ha eseguito un ecg ed una valutazione neurologica, che non hanno evidenziato particolari anomalie,  ha iniziato a somministrargli una flebo di glucosata e ci ha inviato in codice giallo in ospedale, per poi rifugiarsi al fresco della pineta insieme all'infermiere, ancora prima che potessimo chieder loro una mano, non dico a spingere la barella, quello sarebbe stato chiedere troppo, ma quanto meno a riportare sull'ambulanza i nostri presidi, per poter lavorare senza altri carichi aggiuntivi.

Da quando siamo saliti sull'ambulanza, complici anche la flebo e il fresco dell’aria condizionata, Anishka sembra si stia riprendendo, ci sorride e ci ringrazia in continuazione.
Viene dallo Sri Lanka, ha 24 anni ed è nel nostro paese da poco meno di un anno, lì ha lasciato moglie e due figli. Con quel poco di italiano che riesce a parlare, ci dice che è la prima volta che finisce in ospedale e chiede se sarà di nuovo in forze stasera per il suo secondo lavoro, come lavapiatti.
Inutile dirgli che sarebbe meglio stesse a riposo per oggi, ha già perso la giornata di lavoro e non è certo ritroverà la sua merce domani, temporaneamente stipata presso lo stabilimento balneare dove si era sentito male. Non può rischiare di perdere anche il lavoro serale.
Mi piacerebbe conoscere più fondo la sua storia, avere modo  di dialogarci meglio, ma il tempo e lingua non facilitano per nulla la cosa.  

Lo lasciamo sul  letto del pronto soccorso,dal quale continua a salutarci fino a che non scompariamo dietro le porte automatiche, un po’ frastornato, ma allo stesso tempo incuriosito dall'ambiente che lo circonda. 

Fatti due passi nel parcheggio verso l'ambulanza, sento lo stomaco che inizia a brontolare, il che mi indica che non dovrebbe mancare molto a fine turno. Dai che poi si va in spiaggia con gli altri ragazzi del “Mare-Volontariato”, forse però prima di ripartire, è meglio che mi svuoti gli scarponcini dalla sabbia… 

mercoledì 17 giugno 2015

...Shock consigliato




E’ da circa due ore che Maria ha dolore al petto : un dolore strano però, come mai provato prima,  che le arriva fin dietro la schiena e le causa un malessere diffuso a tutto al corpo. Ma lei ha solo 40 anni, è sempre stata in salute e non ci fa troppo caso, non sarà nulla, passerà da solo.
Quel dolore però diventa via via sempre più forte, quasi  insopportabile, come una morsa, forse è il caso di andare in ospedale…
All’improvviso però ,la situazione precipita. La donna spalanca gli occhi e si accascia sul pavimento  priva di sensi. Smette di respirare.

Non so cosa sia successo dopo, in quegli interminabili minuti che sono trascorsi  dalla chiamata al 118 fino al nostro arrivo. Quando entriamo in casa però il marito è su di lei, l’ha distesa sul pavimento e seguendo le istruzioni dell’operatore di centrale ha iniziato il massaggio cardiaco.
La donna è in gasping. Un rantolo si libera dalla sua gola e sebbene possa sembrare che stia respirando, in realtà i polmoni non si espandono minimamente.

Il Capo-equipaggio si lancia sul torace e prosegue il massaggio cardiaco, iniziato dal marito. Ha un fisico esile Maria, per le compressioni basta un braccio solo, se non si vuole spaccare tutto.
Taglio la t-shirt e scopro completamente il torace, accendo il DAE, posiziono e connetto  le piastre.
Alla prima analisi rileva movimento, probabilmente il respiro agonico, che si sta facendo via via sempre più inesistente, sta creando degli artefatti.
Pochi istanti dopo ripete nuovamente l’analisi  << shock consigliato >> . Erogo la scarica. Il corpo di Maria si contrae e si rilascia nel giro di un paio di secondi, ma purtroppo nessun segno di ripresa.
Andiamo avanti con le manovre di rianimazione: le compressioni si alternano alle ventilazioni con l’ambu, siamo quasi arrivati ormai alla seconda analisi, quando all’improvviso Maria riprende a respirare.

Cazzo non ci credo! Ce l’abbiamo fatta , il torace si espande!
Certo il respiro non è dei migliori è superficiale e forse troppo frequente, la donna continua ad essere incosciente,  ma cazzo sta respirando da sola!
E’ la prima volta che mi capita di riprendere una persona in arresto e ora  non bisogna perdere la concentrazione.

Qualche secondo dopo i primi respiri di Maria, entra provvidenzialmente in casa l’equipaggio dell’automedica.
Faccio subito spazio alla dottoressa che prende il mio posto alla testa della donna, mentre in men che non si dica l’infermiere ha già reperito un accesso venoso e si destreggia tra flebo  e cavi del monitor. Equipaggio tosto stasera per fortuna, con la dottoressa mi è già capitato di lavorare qualche volta, ed è una rianimatrice coi contro cazzi : decisa, preparata e determinata, è il medico che ogni studente ,almeno per quel che mi riguarda, vorrebbe e dovrebbe diventare.
Le manovre vanno avanti per diversi minuti, viene intubata e le si  continuano ad infondere farmaci.  La situazione è ovviamente molto tesa, aspiriamo più volte le vie aeree dalle quali continua a fuoriuscire sangue;  è un continuo passare garze, boccette e sondini, mentre il capo-equipaggio ventila con l’ambu. 
Ci si sta giocando il tutto per tutto, ma in tutto questo, il suo cuore, dopo la prima scarica, ha continuato a battere senza fermarsi.
Lasciamo Maria in sala emergenze del pronto soccorso, accerchiata da un numero indefinito tra medici ed infermieri, che come formiche, si adoperano veloci e precisi su lei. 
Sinceramente non credevo sarebbe sopravvissuta e la sensazione che mi ronzava per la testa era solo quella di aver rinviato l’invitabile.

Qualche giorno fa però, alla festa della nostra associazione è, arrivato un uomo.  Si è avvicinato a Gianluca, il capo-equipaggio che era di turno con me l’altra notte,  e non trovava le parole per ringraziarci. Maria ce l’ha fatta ! Dopo un giorno in terapia intensiva, ha ripreso conoscenza e non sembra abbia riportato danni da ipossia cerebrale. La situazione è talmente buona che entro una settimana prevedono di rimandarla a casa .
Penso che questa sia una delle gioie e delle soddisfazioni più grandi che una persona possa mai provare, indescrivibile e forse incomprensibile per chi non ci è passato, anche se la nostra, è stata solo una piccola parte di tutto il lavoro svolto dai medici e dal personale sanitario, ma soprattutto dal marito, che se non avesse avuto la forza e la lucidità di iniziare tempestivamente il massaggio cardiaco, molto probabilmente io non sarei  qui a raccontare questa storia.


venerdì 22 maggio 2015

...Le luci dell'alba






Questa notte sono rimasto a dormire in centralino: una delle due stanze di sopra se la sono accaparrata le ragazze e nell'altra è andata andato a dormirci Marco, che con i suoi oltre 90 chili di stazza, la notte assicura un concerto di russamento, che  alla Scala pagherebbero per ascoltarlo.
Così apro la branda pieghevole, la sistemo in sala radio,  ci stendo sopra le mie lenzuola e spero di riuscire a chiudere occhio almeno per le 4 ore che mi sono rimaste, anche perché domani ho lezione e i banchi delle nuove aule dell’Università sono parecchio scomodi per dormire.

Che strano questo trillo…cosa centra in questo momento ? Aspetta ;  ma chi sono queste persone ? Perché questo suono fastidioso non smette !?

Cazzo, stavo sognando. Ma il trillo no, quello invece era vero , che gracchiante ed insistente, come a dire : “ Sveglia !  Muoviti fancazzista! ” ci intima di partire verso una nuova missione.
  
<< GIALLO – INC. STRADALE – TAMPONAMENTO AUTO AUTO >> sono  queste le scarse informazioni  che ci compaiono sul terminale, in aggiunta ad un indirizzo quanto mai vago, come sempre d'altronde,  quando avvengono su strade extraurbane.

Sta albeggiando e la sirena dell'ambulanza, sembra essere per qualche istante, una colonna sonora quasi piacevole che fa da contorno ai primi raggi di sole che si stagliano sui campi.

Siamo i primi sulla scena e purtroppo lo rimarremo per tutta la durata dell’intervento.  Due auto si sono tamponate, finendo sul margine destro della carreggiata,  la situazione non sembra particolarmente grave : non ci sono lamiere accartocciate, ad un primo sguardo gli abitacoli sono perfettamente raggiungibili e gli occupanti sono usciti spontaneamente dai veicoli.
Scendo velocemente  dall'ambulanza, quando vedo invece che un uomo è ancora al posto di guida : il sedile completamente reclinato all'indietro e quello che sembrava essere una delle persone coinvolte nell'incidente è in realtà il benzinaio della stazione di servizio di fronte.
Merda ! e io che pensavo ce la saremmo cavata in fretta…


Mando il terzo ad immobilizzare manualmente il rachide, mentre effettuo una prima valutazione sommaria, nell'attesa che il quarto porti ked, collare e spinale.
Già di primo acchito Paolo, non mi piace per niente : respiro affannoso, forte dolore a sterno e coste, bradicardico e con saturazione in calo. Insomma bisogna fare bene e quanto più possibile veloce. 
Posizioniamo il collare e iniziamo a sistemare l'immobilizzatore spinale; Paolo nel frattempo si fa sempre meno lucido, inizia a rispondere con minor enfasi alle nostre domande e a lamentare sempre più dolore.
Deve aver preso una bella botta, gli airbag sono esplosi e non sono neanche sicurissimo del fatto portasse la cintura al momento dello scontro. Le auto e i tir continuano scorrere veloci al nostro fianco, c’è parecchio traffico fin dal primo mattino e dei Carabinieri a fare viabilità ancora nessuna traccia…
La gestione di un  paziente che abbia riportato, anche solo potenzialmente, dei traumi è dal mio punto di vista uno degli scenari più impegnativi per un soccorritore, ancor più forse di un arresto cardiaco : bisogna prestare molta attenzione, ridurre al minimo ulteriori scossoni e stare particolarmente attenti al rischio evolutivo.
Riusciamo finalmente ad estrarre Paolo dal veicolo ed ad immobilizzarlo sulla spinale.
Il dolore al torace, si fa sempre più insostenibile e a differenza dei tanti altri che ho posizionato sulla tavola rigida, Paolo non si lamenta quasi per nulla della scomodità del presidio,  anzi diventa sempre meno contattabile.
In questo momento mi piacerebbe tanto essere in una di quelle Regioni che sulle ambulanze abbiano  medico o quanto meno infermiere a bordo, purtroppo però dalle nostre parti, le automediche sono merce alquanto rara, così mi ritrovo da solo, a monitorare un paziente piuttosto instabile, confidando in tutta la bravura dell’autista, per raggiungere il pronto soccorso nel più breve tempo possibile.

Fortunatamente l’ospedale è vicino e in 10 minuti siamo già in triage. Lascio Paolo nelle  mani degli infermieri assieme a tutte le nostre attrezzature.
Ora mi tocca anche compilare la ricevuta per il trattenimento dei presidi in Pro
nto Soccorso, vediamo di farla bene che già oggi stavo per perdere un bombolino, se dovessi regalare  all'Ospedale anche ked e spinale,  sarebbe meglio non farsi vedere in sede per un po’…

venerdì 24 aprile 2015

...Hijo de puta !






Immaginate un sabato sera di Gennaio, ragazzi che escono e si divertono dopo una settimana passata tra i banchi. Poi le ore passano, il tasso alcolemico aumenta, aggiungici magari qualche pasticca di troppo ed il gioco è fatto: per chi è di turno in città, il sabato notte è un vero inferno.                                                                                                                  
Bene; in provincia è esattamente l’opposto. Contrariamente alle aspettative è un turno insolitamente tranquillo; tutti infatti si spostano verso Milano e ne noi siamo ben felici. Al limite  ti può capitare di andare a raccattare quelli che, in qualche modo sono riusciti a mettere in moto la macchina, salvo poi impastarsi alla prima curva, ma  per loro non nutro alcuna compassione.  

Quando quindi vieni inviato nel paesino accanto al tuo, per una persona incosciente in strada, tutto ti aspetteresti tranne che di ritrovarti un sudamericano grosso come un toro, la cui puzza di alcol è riconoscibile a chilometri,  che dorme a torso nudo sul selciato di un parco.            
Chiariamoci, se non fosse metà Gennaio e lui non fosse a torso nudo, una volta appurato che vuole essere lasciato in pace a dormire, io avrei fatto dietro frunt e me ne sarei tornato tranquillamente in sede. Purtroppo però stanotte fa freddo; molto freddo, lui non ha di che coprirsi e se lo lasciassimo lì a smaltire la sbronza, tempo un paio d’ore e morirebbe assiderato.

“Buonasera ! Croce Rossa ! ”…Miguel apre lentamente gli occhi, si guarda intorno un po’ spaesato e dopo quello che sembra essere uno sforzo sovrumano, riesce ad alzarsi. Barcolla qualche istante, per poi ritrovare l’equilibrio appoggiandosi di fatto all'autista.                                                            
Come previsto, è ubriaco, ma non sembra pericoloso, tant’è che non appena acquistato un briciolo di lucidità, inizia ad inondarci  con un torrente di parole spesso sconnesse e disarticolate tra loro, dalla quali si evince però che è da parecchio tempo che risiede nel nostro Paese, lavora come corriere e ha famiglia, ma purtroppo le cose ultimamente non gli stanno andando bene e sta per cadere nel pericoloso tunnel della depressione.                                                                                         
E’ impressionante come (complici forse anche i fumi dell’alcol) si stia aprendo completamente con noi, senza freni o vincoli di nessun tipo. Siamo per lui come una valvola di sfogo, dei perfetti sconosciuti su cui riversare tutti i propri dubbi, le proprie preoccupazioni e frustrazioni.                                                                              
Non di rado capita infatti di raccogliere sfoghi o confessioni, più o meno velati,  di chi è spaventato da ciò che gli sta succedendo o  dopo tante sofferenze, è semplicemente stanco di lottare ancora. Questa volta però è diverso, più Miguel parla e più si agita, fino che ad un certo punto, senza nessun motivo apparente, sferra due pugni al torace al capo-equipaggio, gridandogli :“Hijo de puta !”. Inizia ad urlare e ad agitare le braccia;  colpisce anche me e l’autista .                               
Noi ci allontaniamo velocemente, va bene porgere l’altra guancia ed aiutare il prossimo, ma di stare a prendere cazzotti per nulla non mi va affatto.                                                                                                                                                             
Avvisiamo la Centrale, che provvede ad allertare i Carabinieri;  ma l’arrivo della pattuglia non fa altro che peggiorare le cose. Miguel alterna stadi di relativa calma a momenti di rabbia incontrollata che, nonostante le aspettative, non si fa problemi a riversare anche sulle forze dell’ordine.
Viene ammanettato ed immobilizzato e si opta per il trasporto in ospedale. 
I  minuti che ci separano dal pronto soccorso  sembrano però interminabili. Ho davanti a me un uomo completamente immobilizzato ed inerme. Tutta la sua forza e la sua energia sono forzatamente contenute ed il viso, bagnato dalle lacrime, è contratto nel disperato tentativo di liberarsi da quelle costrizioni.                                                                              
Mi chiedo cosa stia passando ora nella mente di quell'uomo. Come ci si possa sentire privati della propria  libertà, completamente impossibilitati a muoversi, nelle mani di quattro perfetti sconosciuti…Capisco gli sputi e gli insulti che continua ad indirizzare nei nostri confronti, mi sento quasi in colpa ed arrivo a pensare che se in questo momento gli venissero tolte le manette, la sua furia svanirebbe nel nulla, così come è iniziata.

Arrivati in pronto soccorso però, scopriamo purtroppo che Miguel non è nuovo a questo genere di episodi e nonostante gli sia stata somministrata una massiccia dose di calmanti, sia stato lasciato completamente libero da qualsiasi costrizione e si trovi sul letto di un ospedale, continua a sbraitare e ribaltare qualsiasi cosa gli capiti a portata di mano.                                                          

Ma ormai il nostro lavoro è finito, il paziente è stato trasportato in ospedale e la relazione di servizio è stata timbrata.                                                                                                                                         Le porte automatiche si chiudono alle mie spalle mentre trascino stancamente la barella verso l’ambulanza. L’aria fuori è gelida, quasi tagliente. Respiro a pieni polmoni e guardo l’orologio : sono le tre. Per quanto ora mi piacerebbe fermarmi non si può, è appena iniziato l’orario degli incidenti…